di Rossella Forle’ – click here for English version
Andare in bici è un atto rivoluzionario.
I vantaggi ovviamente sono innumerevoli e li conosciamo tutti, a parte preservare l’ambiente da inutili emissioni di C02, è un ottimo esercizio , riduce lo stress e fa bene al conto in banca. Quindi ok fin qui ci siamo tutti, tutti d’accordo!
Tornata a Londra dopo sette anni, ho notato come, oltre al proliferare di birre artigianali, caffe indipendenti, barbe e ragazze con la sopracciglie doppie come Frida Khalo con le scarpe argentate, la bici sia diventata di super moda, pare che al momento non sia piu’ in voga come quattro anni fa, ma continui ad essere un trend in crescita.
Se non hai la bici e vivi a east London, è un po’ come essere un puffo senza il cappello bianco, non nell’accezione massonica, come sosteneva Antonio Soro. Ma insomma sei out, uncool!
Ottima moda direi, meglio sicuramente delle pasticche negli anni ’90. Credo sia la stessa generazione, che oggi sta diventando vegetariana, vegana, fruttariana per salvarsi il culo e non morire prima dei 60.
Da biciclettara ormai convinta, posso stilare la classifica dei ciclisti londinesi, li vedo e li vivo tutti i giorni e alla fine volente o nolente, faccio parte della categoria:
il super jerk – lui è quello che della bici ne ha fatto una ragione di vita. La sua bici costa quasi come la porsche che gli si è fermata di fianco al rosso. L’ha costruita un altro barbuto come lui, che dopo 20 anni come art Director per Saatchi & Saatchi, ha deciso di ritirarsi a vita privata, nelle campagne danesi. Di bici come la sua ne costruisce quattro all’anno.
Il super jerk ha uno stile invidiabile, è fisicato, i suoi leggins sono perfetti, indossa costantemente le sue scarpette con tacchetti, anche al pub.
È sempre circondato da ciclisti come lui, parlano delle loro performance che misurano quotidianamente con un App, Strava e Cycle Hire le piu’ comuni. Lui non pedala, corre, lo senti silenzioso mentre ti supera sulla pista cliclabile, come uno squalo nell’oceano. Ogni giorno una sfida, è come se corresse il Tour de France, anche quando va a lavoro. Ha polpacci grossi come noci di cocco sempre scoperti, anche quando fuori piove.
Il ciclista della settimana ( l’opposto del ciclista della domenica) – è quello che prende la bici solo per andare a lavoro. Non si cambia, pedala con la giacca e i pantaloni da ufficio, stretti alle caviglie da molle gialle fosforescenti. Lo vedi anche con la bici in affitto della Barclay. È sempre stressato, sembra sempre in ritardo, è la versione in bici, dell’impiegato con la Punto nel traffico romano.
il Mamil – (middle-aged men in Lycra) come lo definiscono in Inghilterra. È sui 50, in carriera, capo del settore Financial di una corporate, sposato con figli ormai grandi. Gli hanno detto che non ha piu’ il fisico di una volta e ha messo su la panza, inoltre l’amico medico gli ha consigliato di mangiare meno grassi e controllare i trigliceridi. Cosi’ lui sceglie di cambiare vita, va’ da Evans e si affida al commesso ( che chiameremo Louis). Ovviamente Louis, gli consigliera’ la bici piu’ cara del negozio, gli fara’ acquistare il set da ciclista piu’ costoso che c’ è, e gli dira’ che la lycra, è l’unico tessuto da indossare, in qualsiasi periodo dell’anno. Con le commissioni di questa vendita Louis andra’ in vacanza a Ibiza.
La mamma in bici: la mamma in bici è una delle mie preferite, secondo me dovrebbe essere considerata una specie protetta, come il panda gigante. Ha sempre una bici enorme, pesante, piena di borse, con il seggiolino annesso grande e grosso come la sua bici. Con la pioggia o con la neve, lei accompagna il bimbo all’asilo in bici. Le piu’ stoiche poi, sono quelle con il trolley con due bimbi dentro e la bandierina in cima, che trascinano senza fiato come un riscio’. Insomma una benefattrice dell’umanita’.
La ciclista artista – lei e’ un po’ bohemian, va’ in giro con la bici di seconda mano comprata dall’amica che dopo anni di Londra, ha deciso di seguire un corso come insegnante di yoga in India, o al mercato di Broadway market. Sostenitrice dell’usato e della raccolta differenziata, vegetaria spesso vegana. Lei non indossa il casco ma un cappello alla francese, va’ lenta non curante del tempo che passa. La puoi incontrare la domenica mattina, al mercato dei fiori di Columbian Road.
Il dandy: ha il baffo, i pantaloni corti alla caviglia, con calzini colorati ama le scarpe retro’, ha la borsa retro’ è tutto retro’, anche la sua bici ovviamente lo è. Sembra la personificazione di una cartolina di inizio secolo. La bici è l’unico mezzo che usa, dopo Uber.
Il freestyler: è quello con la bici piccola, la BMX anni 80, quella che si pedala in piedi. Lui non pedala fa acrobazie sull’asfalto, la versione in bicicletta dello skater. Forse è anche skater. Se te lo ritrovi davanti è una palla assurda, perche’ il suo obiettivo è il fottuto trick. Lui non pedala sgomma!
Il bromton man: è quello che usa la bici pieghevole per intenderci. Sa di essere una persona intelligente, spesso è un architetto, pratico, vive in Essex o in campagna appena fuori Londra. Se malauguratamente incrocia qualcuno nell’ overground, con una bici di dimensioni normali, lo guardera’ con superiorita’, come se avesse di fronte l’uomo di Neanderthal. È un uomo contemporaneo, evoluto e lo sa.
The kid: lo incontri tra le Council Houses da Homerton a Brixton o in qualsiasi altro contesto che ricorda un ghetto, usa anche lui la Barclay bike ma per diverse ragioni. Gli piace impennare nel mezzo della strada o nei parchi di quartiere. Va’ in giro in tuta grigia con il cappuccio, la versione estrema indossa le ciabatte della Nike con le calze di spugna bianche, si muove solo in gruppo.
E poi ci sono io, non so in quale categoria potrei inserirmi, sono a meta’ tra mia madre nel traffico e la liceale sul liberty 50 col bauletto. Sono sempre vestita nel modo sbagliato, troppo vestita quando fa caldo, troppo leggera quando fa freddo, uso il casco ogni tanto. La mia bici è la versione contemporanea della Graziella con il cestino, pedalo con i tacchi, la gonna o le zeppe, che distruggo quotidianamente . Ho paura di passare tra le macchine, ogni volta che lo faccio sento che la morte è vicina, non rispetto i semafori pedonali e impreco in dialetto foggiano all’occorrenza.